Trent’anni. Occhi grandi e scurissimi. Capelli biondi.
G. da dieci anni non parla più. Un’ ischemia l’ha costretta ad un silenzio forzato, un silenzio dal quale riesce ad uscire solamente con il battito delle palpebre.
Un battito SI, due battiti NO.
Assistenti, genitori ed amici le parlano utilizzando quelle che nel campo della comunicazione vengono definite domande chiuse, quelle domande che prevedono quindi soltanto un assenso oppure una negazione come risposta .
Hai fame?; Hai sete?; Ti fa male qualcosa?... e poi ancora, La spalla?; La gamba?; La schiena?... E così via per tentativi ed errori finché non si indovina, prima l’argomento in generale e poi il particolare. Se ci si conosce bene può anche succedere che la comunicazione risulti veloce ma se per caso l’argomento è insolito, allora i tempi si dilatano cristallizzandosi in istanti che sembrano eterni e sfociando presto in frustrazione, malessere e rabbia.
Dieci anni chiusa tra le sbarre delle domande chiuse. Dieci anni nei quali non le è mai stato possibile dire Lasciatemi in pace!; Ti amo!; Ti odio!; Sono triste!; Sono felice!; Che bello!!!!.
Eppure G. ha frequentato le scuole, ha imparato a leggere, ma fino a questo momento non si era mai pensato di darle uno dei più semplici, facili e duttili strumenti della Comunicazione Aumentativa Alternativa: l’ETRAN.
Una tavoletta in Plexiglass trasparente con lettere adesive, nere e rosse, che si utilizza con lo sguardo. Un ausilio “povero” e dal costo minimo; uno strumento messo oggi in ombra dall’altissima tecnologia, quella che si usa con gli occhi e che magicamente parla ma anche quella che è sempre e costantemente vincolata ad una presa di corrente.
L’E-Tran (eye-transfer, ossia, scambio con lo sguardo) consiste in una tavoletta in plexiglass o lexan sulla quale sono dipinte o incollate le lettere dell’alfabeto, i numeri ed eventuali altri simboli. Il panello viene posto tra la persona che parla, che lo sostiene generalmente con le braccia, all’altezza degli occhi, e la persona invece non parlante. Quest’ultima deve guardare successivamente le lettere della parola che vuole comporre mentre l’interlocutore, seguendo il percorso degli occhi, può facilmente ricostruire il discorso a voce.
Il procedimento, che può sembrare inizialmente complesso, in realtà è molto più semplice di quanto si pensi e risulta spesso semplificato dal fatto che l’interlocutore abituale mette naturalmente in atto tutta una serie di strategie che snelliscono e velocizzano la comunicazione.
Le lettere inoltre possono essere disposte anche in quadranti e in tal caso con il primo sguardo si identifica il gruppo e successivamente la lettera che sarà posizionata in uno degli angoli del quadrante o al centro dello stesso; in questo modo non sarà pertanto necessario puntare direttamente la lettera e l’interlocutore potrà quindi limitarsi ad individuare la direzione dello sguardo.
Costruire un ETRAN è estremamente economico e molto semplice. Bisogna infatti soltanto porre l’attenzione al tipo e alla grandezza del font che deve essere chiaro e privo di abbellimenti, come l’Arial o il Verdana, e con un corpo di grandezza compresa tra 2,5 e 6-7 cm; per quanto riguarda invece il colore è preferibile il nero per le consonanti e il rosso per le vocali.
Inoltre sarebbe sempre meglio trovare la posizione più comoda per intavolare la comunicazione; per quanto leggero infatti, l’ETRAN ha sempre e comunque un certo peso, ecco perché si consiglia di restare seduti l’uno di fronte all’altro, almeno finché non si diventa un po’ più esperti.
Tabella con lettere disposte in quadranti (fig. tratta da auxilia.com)