L’invio di un abstract, qualche mese fa, e il tanto atteso nulla osta. E così anche l’Ufficio H della Comunità Piergiorgio Onlus di Udine, una delle tre sole realtà in Italia ad occuparsi di C.A.A, ha preso parte per la prima volta ad un evento di portata mondiale. Da mercoledì 23 a sabato 26 luglio infatti, la dott.ssa Barbara Porcella, consulente informatico, è stata a Lisbona alla Conferenza biennale internazionale di ISAAC International, l’associazione di Comunicazione Aumentativa Alternativa. «Ho presentato un progetto realizzato in collaborazione con l’Azienda Sanitaria n.1, e più nello specifico con la logopedista Anna Barca, che si traduce sostanzialmente in una “tabella dei bisogni”. Prendendo infatti spunto da alcuni studi effettuati presso il Children Hospital di Boston abbiamo costruito il prototipo di uno strumento cosiddetto “povero” – spiega la dott.ssa Porcella che lavora presso l’Ufficio H dal 2000 e che è un’esperta nel campo della CAA, l’insieme delle tecniche e degli strumenti che permettono una comunicazione “alternativa”, appunto, alle persone che hanno perso l’uso della parola o che non hanno mai potuto parlare – Si tratta di un semplice cartoncino su cui sono presenti delle lettere che la persona può indicare con un dito oppure con la penna e poi c’è uno spazio sul quale si può scrivere o cancellare, esattamente come accade con le lavagnette magnetiche che sono spesso presenti nelle nostre cucine.
D’altra parte su questa tabella ci sono anche delle immagini che corrispondono a messaggi interi e c’è poi una “scala del dolore” con un omino dotato di faccine necessarie per far capire agli operatori sanitari quanto male sta provando il paziente in quel momento. I grossi anelli di cui è dotato questo strumento permettono poi di inserire anche un altro comunicatore in plexiglas, e con lettere, che si chiama Etran». Un sistema a basso costo dunque e che oltretutto racchiude in un unico oggetto ben quattro comunicatori. Innegabile il suo valore complessivo, la portata e soprattutto le prospettive future di impiego. «È un prototipo che noi abbiamo creato partendo da un contesto di tipo domiciliare e che nei prossimi mesi continueremo a valutare per capire come migliorarlo – aggiunge la dott.ssa Porcella – Puntiamo certamente al contesto ospedaliero e a dotare quindi, un domani, anche gli ospedali stessi di strumenti del genere, necessari per abbassare il livello di stress della persona che non riesce ad esprimersi e per migliorarne la qualità di vita, oltreché diminuirne la degenza ospedaliera».