L’importanza del lavoro di squadra e della capacità di operare bene all’interno di un team ove ogni figura professionale deve apportare la propria esperienza, conoscenza e creatività nella risoluzione di casi particolarmente complessi; la consapevolezza che le tecnologie possono diventare irrinunciabili nella vita di un soggetto, colpito da malattie totalmente invalidanti, offrendogli così un valido aiuto, anche se non sanno certo guarire dai mali e dal dolore fisico; l’essenzialità di un contesto familiare attivo e ingegnoso nella ricerca delle soluzioni migliori per aiutare una persona disabile ad interagire ancora con l’ambiente circostante.
Sono questi i concetti che la dott.ssa Barbara Porcella, consulente informatico dell’Ufficio H di Udine, ha voluto consegnare, lunedì 24 settembre, alle studentesse del Laboratorio di didattica speciale – Livello avanzato contemplato all’interno del piano di studi della facoltà di Scienze della Formazione di Trieste.
Un seminario di due ore, consumatosi nell’aula universitaria di via D’Alviano, per illustrare, alle future insegnanti di sostegno, attraverso la presentazione e l’analisi di due casi clinici particolarmente complicati, di locked-in, come la tecnologia possa restituire la facoltà di comunicare a persone che non l’hanno più e come la scelta dell’ausilio più adeguato per il paziente sia in realtà il frutto di un lungo percorso fatto di osservazioni, intuizioni ed ingegno degli operatori impegnati.
Dai “pannelli di comunicazione di sguardo” o “Etran”, validi per un’interazione immediata e istantanea, ai sistemi a puntamento oculare, capaci dunque di consentire una comunicazione “differita”, realizzata attraverso il movimento della sola pupilla.
“Gli strumenti della Comunicazione Aumentativa Alternativa devono essere scelti con estrema cura, prestando grande attenzione ad ogni singolo dettaglio relativo sia al soggetto che li dovrà utilizzare sia al contesto ambientale di riferimento – spiega Barbara Porcella – E’ importante tenere sempre presenti le necessità del soggetto disabile e le sue caratteristiche, con la consapevolezza che le tecnologie aiutano fortemente ma non cancellano la malattia”.
E’ stato infine un esercizio pratico, riservato alle studentesse e basato sulla risoluzione di un complicato caso clinico, a chiudere il pomeriggio di approfondimento. “E’ importante che queste ragazze, impegnate un domani nel sostegno didattico a soggetti disabili, si applichino sin d’ora nella risoluzione di situazioni e problemi concreti – precisa la dott.ssa Barbara Greco, docente del Laboratorio – Devono conoscere bene il panorama degli ausili informatici esistenti e sapere che sul territorio ci sono strutture, come l’Ufficio H, quotidianamente impegnate nella realizzazione di soluzioni concrete e risposte efficaci a servizio della disabilità”.